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Scrivere
di Hatfield & The North, per un appassionato della musica creativa
inglese degli anni settanta è proprio come rivivere quella stagione con
una gioia ed entusiasmo mai davvero realmente sopito o domato. |
E' lo scenario dei
dintorni di
Canterbury a dare le origini a questa formazione che in sè
ospita alcune delle realtà musicali creative più straordinariamente
fervide in quella ultima grande stagione della musica progressiva
inglese a cavallo della seconda metà degli anni settanta.
RICHARD SINCLAIR (basso e voce) ha da tempo abbandonato la sua prima
leggendaria band Caravan per collaborare con musicisti del calibro di
Robert Wyatt. Anche
PHIL MILLER
(chitarra) già fondatore della band
Delivery
e che ha già collaborato con l'ex
Soft Machine
nei
Matching Mole immediatamente prima della drammatica svolta della
vita di Wyatt stesso.
PIP PYLE
(batteria) ha già prestato la sua preziosa opera alla bizzarra comune
musicale dei
Gong
di
Daevid Allen.
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Completato l'organico con
il tastierista ex-Egg DAVE STEWART, la band che prende il nome da
un'insegna stradale locale nel 1973 offre alla platea di giovani una
prima preziosa opera omonima dove è presente anche la "sola" voce di un
Robert Wyatt magico e commovente. Un disco ricchissimo di musica,
complessa, ostica e tecnicamente molto complicata, impreziosita anche
dalla sapiente qualità degli arrangiamenti vocali delle "Northettes",
tre graziose ragazze inglesi dalla voce meravigliosa. |
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E' una ennesima
dimostrazione delle non comuni doti di sapienza e competenza musicale
che questi relativamente giovani musicisti della provincia britannica
avevano già fornito in precedenza. Ma qui il suono è veramente nuovo e
rivoluzionario al punto da far credere che la musica giovane sia
nuovamente vicina ad una svolta "culturale". |
La frase iniziale del
disco "here's a song to begin the beginning", nella sua apparente
banalità è invece una dichiarazione di intenti, disincantata e priva
delle intricate alchimie linguistiche delle verbose liriche del
contemporaneo egotico tardo-progressive. Invece un freschissima ventata
musicale investe l'ascoltatore che non può non riceverne reale beneficio
ed incentivo verso ascolti ed attenzioni per un nuovo approccio
straordinariamente raffinato ed intelligente alla musica "giovane".
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E questa sensazione si
ripresenta in tutta la sua effettiva portata anche con il secondo disco
della band:
Rotters' Club.
Il linguaggio è ancora più maturo e la disinvoltura con cui i
quattro permettono alle loro composizioni di crescere e svilupparsi in
vere e proprie suites intense e pregevoli è veramente sorprendente.
Sembra proprio essersi aperta una nuova via alla creatività ... una
via senza condizionamenti business. |
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Invece, la storia di Hatfield & The North viene improvvisamente stroncata, abbandonata ad una
profetica deriva creativa.
Ed era solamente il 1975. |
La stagione musicale della "teoria creativa"
aveva trovato nella
generazione di allora un reale interesse al di là delle mode commerciali
ed è stato un buon investimento per alcuni spregiudicati produttori che
a fronte di costi risibili, avevano saputo creare fortune notevoli da
quella musica così complessa e così "esigente" di ascolti ripetuti,
convinti ed attenti.
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Ed una ennesima
dimostrazione di "forza" della discografia arriva quando nel 1979 -
assimilandolo ad un qualsiasi gruppo di classifica - viene presentato
sugli scaffali dei negozi più attenti
Afters, una nuova raccolta di
vecchie composizioni della band, una vera e propria "antologia di insuccessi". Dave Stewart
intelligentemente e con |
una nota di sottile autocompiaciuta
ironia nelle note di copertina scrive "l'idea
di questo disco è venuta a (...) della Virgin Records ... e noi tutti siamo molto contenti
di ciò. Dal canto mio, credo che questa musica sia ancora bella da
ascoltare e spero, in questo, di trovarvi d'accordo".
Per fortuna tre dei protagonisti di quel progetto, nonostante le
ripetute frustrazioni e difficoltà dovute all'ostracismo culturale
subito in patria, hanno continuato a produrre pagine memorabili |
Per fortuna però lo
spirito di una nutrita schiera di affezionati estimatori di "quella
musica" ha permesso agli stessi protagonisti di riproporre ancora le
magiche atmosfere in altre formazioni nate da molteplici incroci e
combinazioni dei singoli musicisti, la più importante delle quali è
stata sicuramente la notevole produzione sotto la denominazione il progetto
NATIONAL
HEALTH (senza però Richard Sinclair andato a fare fortuna nella deriva
prog della band Camel). |
NATIONAL
HEALTH si avvale
anche della preziosa collaborazione di Alan Gowen, (raffinato pianista e
compositore scomparso pochi anni dopo stroncato da una grave forma di
leucemia) con cui vengono prodotti due interessantissimi lavori:
National Health e Of Queues and cures
mentre un terzo intitolato DS. al coda
viene realizzato dagli altri musicisti immediatamente dopo la sua scomparsa. |
Da quel momento le tracce
dei componenti di Hatfield/National si fanno più sfumate in mille rivoli
e collaborazioni con nomi più o meno oscuri della scena "colta" inglese. |
Finchè, a distanza di molti anni,
forse inaspettatamente per i più, viene proposta una nuova uscita
video e discografica di Hatfield & The North, una registrazione live effettuata
nel 1990 in concomitanza con la realizzazione di "Bedrock", uno special televisivo
inglese. |
Poi, quando nel 2005
viene dato alle stampe lo straordinario
Hatwise Choice (una
raccolta di registrazioni datate però metà anni settanta) la possibilità
di poter riapprezzare anche dal vivo questa "parte del cielo" diviene
sempre più reale.
Le cronache allora ci raccontano che su idea di Pip Pyle, la band si
è riformata con l'aiuto di
ALEX MAGUIRE
alle |
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tastiere (con il non
facile compito di sostituire le "digressioni" pianistiche dell'ormai
"ritirato" Dave Stewart).
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In ricordo
di PIP PYLE
1950-2006 |
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