Una mappa possibile del
tempo.
Non di un tempo astratto e fisico, ma neppure semplicemente
psicologico. E' una (fra le infinite) possibili configurazioni del tempo
della sua organizzazione musicale.
La musica di Yugen è astratta,
autoreferenziale.
Una mappa è frutto di convenzioni. Quindi di
arbitrarietà. Yugen è una mappa astratta ed arbitraria, ma insieme una
descrizione coerente con se stessa: non intende soddisfare alcun
criterio 'esterno'. Potremmo definirla tranquillamente - per alcuni
suona come un'offesa - "autoreferenziale". Per Yugen l'autoreferenzialità
e l'astrazione non sono difetti, ma virtù. Ma questo è anche in parte
falso: Yugen rimanda pure all'esterno di sé, e si nutre così di
citazioni e suggestioni letterarie e musicali, Ma, ancora una volta, non
cerca in queste una giustificazione, al massimo un pretesto, una
didascalia, un vezzo, perfino. Citare Borges, o Gadda, o ancora
Satie (citarne direttamente i testi o le musiche, ma anche gli edifici
creativi) arricchiscono e ispirano certo la musica, ma il non
citarli - o il rendere oscuri i riferimenti - non sminuirebbe la musica
stessa. La sua stessa struttura, prima di tutto numerica, sostiene
Yugen.
Yugen non è solo una mappa, nel senso in cui potrebbe
esserlo la carta di un territorio. Yugen ha pure una dimensione
psicologica: l'ossessione di ritrovare in ogni cosa una precisa
relazione numerica, ed in questa relazione un preciso 'significato'.
Fuor di metafora, che tutto intorno a noi sia realmente preciso, ossia
afferrabile e catalogabile. L'ipotetico "io narrante" di Yugen si
troverebbe così letteralmente impigliato in una rete di 'cifre' e 'contenuti',
nella convinzione malata che alle prime corrispondano immancabilmente i
secondi. Nonostante il mondo si manifesti come infinito ed irriducibile
- nei dettagli, nelle prospettive, nelle sfumature - il nostro
personaggio cerca di catalogarlo, di ricondurlo a elenchi ordinati ed
esaustivi, di leggerlo in base a criteri di esattezza e rigore. E dove
un ordine misteriosamente scompare, il nostro personaggio non si
scoraggia e ne ricostruisce prontamente un altro, più complicato e
perciò apparentemente più solido e rassicurante del precedente. finchè
anche quest'ultimo svela la sua inconsistenza. E così via all'infinito:
nel vano tentativo di afferrare la realtà, questa scivola sempre più
dalle mani del nostro personaggio, e la sua pretesa di esattezza ha come
unici risultati il caos e l'asimmetria, questa volta irrecuperabili. (continua)
Mattia Signò (batteria),
Paolo Botta, Pietro Cavedon (tastiere), Maurizio Fasoli (pianoforte),
Elia Leon (violino elettrico), Francesco Zago (chitarra elettrica). |