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SABATO 31 Marzo 2007  ore 22:00
L'albero dei Bradipi è un piccolo gioiello di musica made in Italy, finemente elaborata e levigata da veri artigiani delle sette note. Libero spazio alle emozioni, libere ed incontrastate. Incantevole

Roberto Murgieri (RockShock)

Ci sono dei dischi che al loro primo ascolto hanno il potere di conquistarti, altri di cui ne comprendi piano piano la bellezza, altri ancora che ti affascinano subito e più li ascolti, più ne assapori le fragranze ti chiedi "perché questo disco mi piace?" E' quello che mi succede con questo L'albero dei bradipi, il quale presenta tante e tali sfumature che mi rendono difficile rispondere a questa domanda. No, non so il perché il disco dei Sursumcorda mi piaccia, o forse lo so ma non mi è facile esprimerlo a parole; la cosa certa è che ad ogni nuovo ascolto si rinnovano e aumentano suggestioni ed emozioni.
I Sursumcorda sono fondamentalmente un quartetto acustico che si divide tra Livorno e Milano: il motore propulsivo dell'ensemble è rappresentato dalle due chitarre acustiche di Bruni e Sanzari (che è anche autore dei testi e voce principale), dall'espressivo violoncello di Gliozzi e dai fiati - oboe, corno inglese e flauto - di Claudia Verdelocco, strumenti quest'ultimi presi di peso dalla "classica" ma che sanno rinunciare alla propria "seriosità" per arricchire le sonorità del gruppo, in modo particolare il violoncello usato spesso anche in chiave ritmica. A questo nucleo si aggiungono nei vari brani ulteriori strumenti, sempre e solo acustici, come le percussioni, la tromba, pianoforte e fisarmonica che sono impiegati via via per caratterizzare i vari brani.
La formazione, che è abbastanza inusuale per il panorama musicale italiano, lascia intendere che anche la musica prodotta lo sia altrettanto ed in effetti mi è capitato di rado di ascoltare dei brani così aperti alle più disparate influenze, tali però da non risultare per questo dispersivi. E sono parecchi i richiami che si inanellano lungo i dodici brani del disco per fare da corollario al folklore italico più raffinato, che si sposa con naturalezza ad un'impostazione sostanzialmente cantautorale, capace di solida concretezza come di onirica lievità. Suoni che si situano a metà strada tra lo spleen sudamericano e le geometrie mitteleuropee e ai quali si sommano ovattate atmosfere jazzate ed echi - quelli meno sguaiati - provenienti dai Balcani. Il tutto trattato con estrema eleganza che non diventa mai affettazione ma che al contrario si pone al servizio prima della musica e poi, molto appropriatamente, dei testi.
E' opportuno accennare a quest'ultimi in quanto, non solo sono elemento portante di quelle che il gruppo chiama "colonne sonore cantate", ma viva espressione di una poetica che fa della fusione parole/note un ottimo sistema per integrare idee ed emozioni. I testi - scritti tutti da Giampiero Sanzari - sospesi tra memorie, ironia e la giusta dose di ermetismo, raccontano delle storie senza mai spiegarle del tutto ma, anzi, pennellandone i tratti e lasciandone nascosti i confini. Allora è bello seguire in Mi hanno preso le fantasie di un bambino che si lascia guidare dalla propria immaginazione in un luogo magico per poi essere concretamente catapultato nella realtà dalla voce della commessa "il bambino che si è perso al reparto giocattoli è atteso dai genitori alla cassa". Come è impossibile non farsi scappare un sorriso nel vedere l'uomo/bradipo appeso al suo ramo che, fiero della sua accomodante indipendenza, poeticamente sdegna la "gente che corre ad inseguire la brezza", o lasciarsi cullare dal bambino che "le mani tese ad afferrare un rifugio / che è così lontano da me... / e sfoggio un volo / in precario equilibrio". Divertenti le metafore amorose de La notte degli Oscar, toccante il senso di perdita di Postumi di un amore (Passa, passa il tempo. / E' una spina nel fianco al pudore. / Tentazione folle / volerti riavere. / Aspetterò domani / a scrivere, / cercandoti, amandoti / e odiando il perché.) incerto il passo de L'indeciso che "spossato / da ciò / a cui non serve pensare, / mi osservano / mentre il tempo / decide per me, / sceglie per me".
Dal punto di vista musicale i Sursumcorda si propongono di mimetizzare le loro fonti d'ispirazione mischiandole tra loro e ottenendone così uno stile che sa essere personale, ma che allo stesso tempo non rinuncia ad esplicitare le proprie radici. La cosa che colpisce maggiormente è il buon affiatamento tra gli strumenti - sia dei membri del quartetto che degli ospiti - che consente loro di attraversare con semplicità ritmi e melodie; così è naturale passare dal raffinato intreccio di chitarre su un trascinante tappeto percussivo della strumentale Il gorgo, alle atmosfere circensi de La notte degli Oscar, alla danzante ma solenne Pelle di stracci, fino alle complesse costruzioni sonore di Via! con il loro vago sapore di fado che musicalmente rendono molto bene i versi ("Via / a consumare luce delle stelle, / riflessa sulla pelle / al rame della sera"). I brani che mi sembra siano meglio riusciti sono Questa è la strada, ballata dal ritmo incalzante che invita alla danza, pregevole incontro tra oboe e tromba con sordina su un ritmo trasversale della batteria, la title-track con il suo testo surreale dove si incontrano gli echi napoletani dei mandolini e i cupi riff del violoncello, la dolce Bambino tra ricordi d'Irlanda, armonie complesse guidate dal flauto e dal violoncello con un bel coro finale di bambini e Perchè, uno dei brani più intensi, dalla melodia cantabile ed ariosa sostenuta dalle chitarre, dal pianoforte e ben completata dagli archi.
Lo so, non ho raccontato tutto, (ad esempio di come in Italia nessun distributore si sia interessato alla proposta dei Sursumcorda, ma lo abbia fatto la Passion Records di Boston per la distribuzione degli States) ma come dicevo prima mi è difficile parlare de L'albero dei bradipi, un disco dalle tante sfaccettature, vivo e molto originale - soprattutto per l'asfittico panorama italiano - un elogio della lentezza, dell'andare in profondità nelle cose. Un disco molto curato, decisamente improntato alla ricerca musicale e poetica senza però che venga meno la piacevolezza dell'ascolto e senza il ricorso a tecnologie sofisticate. "Musica d'autore" insomma, pura e rinfrescante: "in alto i cuori!" gente: di questi tempi ce n'è bisogno..

Jazzer
{Novembre 2005} di Francesco Soliani

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