Ci sono dei dischi che al loro primo ascolto hanno il potere di
conquistarti, altri di cui ne comprendi piano piano la bellezza, altri
ancora che ti affascinano subito e più li ascolti, più ne assapori le
fragranze ti chiedi "perché questo disco mi piace?" E' quello che mi
succede con questo L'albero dei bradipi, il quale presenta tante e tali
sfumature che mi rendono difficile rispondere a questa domanda. No, non
so il perché il disco dei Sursumcorda mi piaccia, o forse lo so ma non
mi è facile esprimerlo a parole; la cosa certa è che ad ogni nuovo
ascolto si rinnovano e aumentano suggestioni ed emozioni.
I Sursumcorda sono fondamentalmente un quartetto acustico che si divide
tra Livorno e Milano: il motore propulsivo dell'ensemble è rappresentato
dalle due chitarre acustiche di Bruni e Sanzari (che è anche autore dei
testi e voce principale), dall'espressivo violoncello di Gliozzi e dai
fiati - oboe, corno inglese e flauto - di Claudia Verdelocco, strumenti
quest'ultimi presi di peso dalla "classica" ma che sanno rinunciare alla
propria "seriosità" per arricchire le sonorità del gruppo, in modo
particolare il violoncello usato spesso anche in chiave ritmica. A
questo nucleo si aggiungono nei vari brani ulteriori strumenti, sempre e
solo acustici, come le percussioni, la tromba, pianoforte e fisarmonica
che sono impiegati via via per caratterizzare i vari brani.
La formazione, che è abbastanza inusuale per il panorama musicale
italiano, lascia intendere che anche la musica prodotta lo sia
altrettanto ed in effetti mi è capitato di rado di ascoltare dei brani
così aperti alle più disparate influenze, tali però da non risultare per
questo dispersivi. E sono parecchi i richiami che si inanellano lungo i
dodici brani del disco per fare da corollario al folklore italico più
raffinato, che si sposa con naturalezza ad un'impostazione
sostanzialmente cantautorale, capace di solida concretezza come di
onirica lievità. Suoni che si situano a metà strada tra lo spleen
sudamericano e le geometrie mitteleuropee e ai quali si sommano ovattate
atmosfere jazzate ed echi - quelli meno sguaiati - provenienti dai
Balcani. Il tutto trattato con estrema eleganza che non diventa mai
affettazione ma che al contrario si pone al servizio prima della musica
e poi, molto appropriatamente, dei testi.
E' opportuno accennare a quest'ultimi in quanto, non solo sono elemento
portante di quelle che il gruppo chiama "colonne sonore cantate", ma
viva espressione di una poetica che fa della fusione parole/note un
ottimo sistema per integrare idee ed emozioni. I testi - scritti tutti
da Giampiero Sanzari - sospesi tra memorie, ironia e la giusta dose di
ermetismo, raccontano delle storie senza mai spiegarle del tutto ma,
anzi, pennellandone i tratti e lasciandone nascosti i confini. Allora è
bello seguire in Mi hanno preso le fantasie di un bambino che si lascia
guidare dalla propria immaginazione in un luogo magico per poi essere
concretamente catapultato nella realtà dalla voce della commessa "il
bambino che si è perso al reparto giocattoli è atteso dai genitori alla
cassa". Come è impossibile non farsi scappare un sorriso nel vedere
l'uomo/bradipo appeso al suo ramo che, fiero della sua accomodante
indipendenza, poeticamente sdegna la "gente che corre ad inseguire la
brezza", o lasciarsi cullare dal bambino che "le mani tese ad afferrare
un rifugio / che è così lontano da me... / e sfoggio un volo / in
precario equilibrio". Divertenti le metafore amorose de La notte degli
Oscar, toccante il senso di perdita di Postumi di un amore (Passa, passa
il tempo. / E' una spina nel fianco al pudore. / Tentazione folle /
volerti riavere. / Aspetterò domani / a scrivere, / cercandoti, amandoti
/ e odiando il perché.) incerto il passo de L'indeciso che "spossato /
da ciò / a cui non serve pensare, / mi osservano / mentre il tempo /
decide per me, / sceglie per me".
Dal punto di vista musicale i Sursumcorda si propongono di mimetizzare
le loro fonti d'ispirazione mischiandole tra loro e ottenendone così uno
stile che sa essere personale, ma che allo stesso tempo non rinuncia ad
esplicitare le proprie radici. La cosa che colpisce maggiormente è il
buon affiatamento tra gli strumenti - sia dei membri del quartetto che
degli ospiti - che consente loro di attraversare con semplicità ritmi e
melodie; così è naturale passare dal raffinato intreccio di chitarre su
un trascinante tappeto percussivo della strumentale Il gorgo, alle
atmosfere circensi de La notte degli Oscar, alla danzante ma solenne
Pelle di stracci, fino alle complesse costruzioni sonore di Via! con il
loro vago sapore di fado che musicalmente rendono molto bene i versi
("Via / a consumare luce delle stelle, / riflessa sulla pelle / al rame
della sera"). I brani che mi sembra siano meglio riusciti sono Questa è
la strada, ballata dal ritmo incalzante che invita alla danza, pregevole
incontro tra oboe e tromba con sordina su un ritmo trasversale della
batteria, la title-track con il suo testo surreale dove si incontrano
gli echi napoletani dei mandolini e i cupi riff del violoncello, la
dolce Bambino tra ricordi d'Irlanda, armonie complesse guidate dal
flauto e dal violoncello con un bel coro finale di bambini e Perchè, uno
dei brani più intensi, dalla melodia cantabile ed ariosa sostenuta dalle
chitarre, dal pianoforte e ben completata dagli archi.
Lo so, non ho raccontato tutto, (ad esempio di come in Italia nessun
distributore si sia interessato alla proposta dei Sursumcorda, ma lo
abbia fatto la Passion Records di Boston per la distribuzione degli
States) ma come dicevo prima mi è difficile parlare de L'albero dei
bradipi, un disco dalle tante sfaccettature, vivo e molto originale -
soprattutto per l'asfittico panorama italiano - un elogio della
lentezza, dell'andare in profondità nelle cose. Un disco molto curato,
decisamente improntato alla ricerca musicale e poetica senza però che
venga meno la piacevolezza dell'ascolto e senza il ricorso a tecnologie
sofisticate. "Musica d'autore" insomma, pura e rinfrescante: "in alto i
cuori!" gente: di questi tempi ce n'è bisogno.. |